Una tazza di caffè, per il mondo

Tutto ha inizio con un caffè italiano, preparato per noi un sabato mattina a casa delle nostre ospiti ucraine. E, ancor prima, da una indubbia attenzione.

Caffè, attenzioni ed abbracci

Da alcuni mesi in parrocchia alloggiano alcune ospiti giunte dall’Ucraina. La loro presenza discreta ci permette di ricordare ciò che sta accadendo nel mondo sentendolo più vicino e ci spinge all’incontro e alla conoscenza.

E’ così che Pietro lancia l’idea di una iniziativa: non un incontro o un convegno di analisi e opinioni sulla guerra – pur utili e necessarie – ma qualcosa di più familiare; che dire per esempio di… un pranzo tipico ucraino?
Lo spunto è questa elementare intuizione; perché gli incontri sono doverosi, ma un abbraccio a volte è la cosa più semplice.

Da subito la proposta mi pare originale e mi entusiasma.
Vediamo cosa accade a partire da quel caffè.

«Il pranzo di Babette»

Sicuramente tutti ricorderanno l’omonimo film. Certo, questo pranzo non sarà ricco, elaborato e dispendioso come in quel racconto, ma l’intento è lo stesso: «faccio una cosa per te».  Ci metto dentro il mio io, il mio gusto, la mia cultura e la mia tradizione, la mia nostalgia di casa e della mia gente.
Il mio lavoro, espressione della mia persona. Il mio essere.

Con questa ipotesi proponiamo subito alle nostre ospiti di regalarci un pezzo di sé stesse e della loro tradizione cucinando per noi; e loro accettano di slancio!

La bambina e il cuoco

La preparazione del menu dura un pomeriggio intero e la mattina successiva, giorno dell’evento.

Il team di cuoche annovera anche una bambina, una delle ospiti che, insieme alla mamma, dà una mano in cucina. Uno scatto preso durante la preparazione ritrae Dario che, mentre assiste le cuoche nell’impresa, sembra che le parli. Certamente i due non hanno un linguaggio comune, ma… forse si capiscono ugualmente!?

Ritroverò Dario il giorno dopo durante il pranzo mentre si intrattiene ancora con la giovane ospite. Vederlo giocare con quella bimba come se fosse una nipotina, fare gesti e smorfie per divertirla è davvero una bellezza. Mette tenerezza e allegria.

Bellezza dell’imperfezione

Anche l’occhio vuole la sua giusta parte.

Domenica mattina i tavoli – in tutto un’ottantina di coperti – vengono rivestiti con precisione da tovaglie azzurre e gialle con i tovaglioli gialli e azzurri a contrasto.

Accanto ad ogni coperto, un cartoncino con il menu scritto in ucraino e tradotto in italiano: un tocco di eleganza.  

All’ora di pranzo si presentano alcuni ospiti che non avevano prenotato. Per tutta la durata del pasto ne arriveranno anche altri, invitati a loro volta da alcuni commensali. Solo un attimo di sconcerto… ma alla fine c’è posto davvero per tutti.

Forse qualcuno è rimasto senza dolce? Pazienza! È la bellezza dell’imperfezione. Del resto il nostro obiettivo non era essere perfetti: volevamo sentirci a casa, e, come mi conferma anche Victoria, è accaduto proprio così.

I nostri invitati

Victoria, musica e parole

A proposito di Victoria. Sapori, musica, parole è il titolo della nostra iniziativa che, dopo i ‘sapori’ del pranzo, comprende anche un momento di intrattenimento culturale. Perché un popolo puoi conoscerlo assaporando le specialità, ma anche ascoltando la sua musica, condividendo la sua vivacità letteraria.

I canti popolari scelti appunto da Victoria – una delle ospiti – avremmo dovuto ascoltarli proprio dalla sua viva voce; purtroppo la febbre le impedisce di partecipare e all’ultimo momento, davvero a malincuore, si imporrà un cambio di programma…

I brani letterari vengono invece curati da don Stefano, profondo conoscitore di questa cultura, e letti da Cosimo, che si prepara davvero coscienziosamente. Dovrà anche cimentarsi con alcune inevitabili asperità della lingua; e non è un compito dei più facili.

Piano B

Con mio sommo sconforto, il giorno prima del pranzo l’assenza di Victoria mi convince a passare al Piano B. Per tutto il sabato pomeriggio chattiamo su Whatsapp e lei riesce a trovare i link di tutti i brani che aveva scelto di cantarci nelle versioni che ritiene tecnicamente migliori.

Luca – alla consolle – è allertato: invece di una performance dal vivo, i nostri ospiti dovranno accontentarsi di vedere dei filmati su YouTube!

Caterpillar

Sarà perché è ingegnere o perché – come racconta lei – ha una lunga esperienza di pranzi comunitari, Chiara è stato uno dei nostri pilastri (pillar), anzi, il nostro ‘cater-pillar’.

Un poco mi spiace perché l’avevo invitata non solo per dare una mano, ma anche per aver l’occasione di pranzare insieme. Invece lei sparisce dentro la cucina, un po’ come il bortsch sparisce rapidamente dai piatti dei nostri commensali; non faccio a tempo nemmeno a salutarla al termine del pranzo. Entusiasmo, precisione ed efficienza ‘ingegneristica’. Tutto dietro le quinte. Speriamo che abbia almeno pranzato…!

La cucina: dietro le quinte… organizzatissimi!

Come a casa propria

Non bastano i nostri impegnati sia in cucina che al servizio ai tavoli: anche alcuni degli invitati si sentono direttamente coinvolti. Così Vito, ad esempio, è il primo ad accorgersi che mancano i cucchiai per il bortsch – oops, come mai nessuno ci aveva pensato? – e mi dà una mano a distribuirli; mentre io mi incrocio più volte con Carla impegnata ad andare e venire con i vassoi colmi di piatti.

Qui non ci sono ruoli prestabiliti: parecchi si danno da fare spontaneamente, si muovono proprio come se fossero a casa loro. O meglio: perché sono a casa loro.

Ospiti dal mondo

Verso metà pranzo arriva il parroco di Kherson, invitato da don Edo, parroco di una parrocchia vicina che lo ospita ed anche lui presente. Così si forma un bel gruppetto di ucraini che fanno conoscenza tra loro.

Seduta al tavolo con Don Edo, scopro tra l’altro che è una fonte di informazioni formidabile: dalle iniziative culturali organizzate da lui stesso e tenute nella loro lingua (è stato missionario in Kazakistan per vent’anni anni), fino al negozietto di prodotti alimentari ucraini non lontano da qui, di cui le nostre ospiti ignoravano l’esistenza.

Il ‘fondo’ del cuore

Al termine del pranzo presentiamo a tutti le cuoche ringraziandole e, passando tra i tavoli, raccogliamo fondi per le iniziative a favore dell’Ucraina. Ne ricaveremo una cifra considerevole.

Le nostre cuoche!

Quando la questua è terminata da un po’, una ragazza si avvicina e ci mostra una busta bianca sigillata. Non conosce l’italiano, sicuramente è ucraina. Parlando solo con gli occhi ci fa capire che intende contribuire.
Più di uno la osserva incerto e sembra voglia dirle quello che io stessa mi ritrovo a pensare «Ma non importa, dai, va bene così, abbiamo già concluso la raccolta… e poi tanto i contributi sono per voi!». Lei insiste, silenziosa ma irremovibile, finché alla fine accettiamo l’offerta.
Forse per non deluderla, ma forse soprattutto per la generosità di questo gesto.

Pietro dà inizio al momento culturale; sul palco, Cosimo pronto alla lettura

Le ninna-nanne, la Patria ed il coraggio

Ci siamo, il pranzo è terminato e ha inizio il momento culturale.
Le letture dei brani intervallate dai canti ci fanno immergere totalmente nel clima dell’Ucraina.

La traccia dei brani e dei canti vanno di pari passo, sembra si accordino in un rapido crescendo: si passa dalla lode alla natura stupenda e alla pace silenziosa, dalle dolci ninna-nanne a temi via via più impegnati. 

Si celebra la vita familiare, l’amore per la propria terra; e poi, d’improvviso, ecco comparire gli intrepidi cosacchi – sembra di vederli – dalla vita guerriera e senza pace, le cui immagini si intrecciano con il canto appassionato che esalta la natura coraggiosa di questo popolo.

La declamazione espressiva e animata di Cosimo, carica le parole di sfumature e di calore.

La lettura termina con questi versi significativi:

Mi resta solo la speranza;
la speranza di tornare ancora una volta in Ucraina,
per guardare ancora una volta il mio paese natale,
(…) Vivere o morire lì non mi importa;
(…) mi resta solo la speranza.

Speranza, di Lesia Ukrainka

Vic mi ha regalato anche un magnifico video: propone i gesti lenti e gioiosi di donne che si vestono coi costumi vivaci e colorati delle diverse regioni ucraine, in una elegante ed affascinante coreografia al rallentatore.

E’ perfetto per chiudere in bellezza il nostro momento culturale!

Impeto di speranza

L’ultima sorpresa al termine dell’evento è Victoria. Che coincidenza! Si chiama proprio come la nostra cantante influenzata. Anche lei possiede una bella voce e ci tiene molto a concludere questo momento con qualche breve brano di musica ucraina; ad ogni ritornello invita tutti coloro che conoscono il canto ad unirsi a lei.
Infine ci ringrazia per l’iniziativa con parole di speranza.

Forse anche per questo, il figlio – un ragazzino di circa dodici o tredici anni che è stato per tutto il tempo lì in piedi ad ascoltare – le si getta impetuosamente al collo, abbracciandola commosso.

E’ con questo abbraccio che si conclude il nostro evento.

Non è stato molto diverso da un bel pomeriggio in famiglia. Semplice ma intenso.
Uno scambio di culture, un abbraccio. La speranza di tornare: per le nostre ospiti, per tutto il loro popolo. E per il mondo.


Oltre a tutte le persone sopra citate, un grazie in particolare a: Carla Maria per gli omaggi alle cuoche, Cecilia per coreografia e arredi, Andrea per la grafica locandine e menu, Antonio (Toto) per l’aiuto in cucina, Renato per la parte tecnica.

Un commento

  1. Ciao Francesca… come sempre sai trasformare con parole semplici le emozioni dei momenti. Nella semplicità infatti c’è il Divino. alla prossima. Ti leggo sempre con grande piacere

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