L’investimento etico [#05]

L’INVESTIMENTO ETICO
STA CAMBIANDO QUALCOSA?

Cosa vuole dire «green washing» (o «social washing»)?

L’investimento ESG sta diventando un efficace incentivo per un comportamento più corretto delle aziende. Ed è anche diventato molto di moda negli ultimi anni. L’attenzione ai criteri ESG contribuisce quindi a migliorare l’immagine delle aziende verso i loro clienti – che apprezzano il loro comportamento virtuoso – e delle banche verso i risparmiatori – a cui offrono prodotti di investimento in linea con i valori più condivisi in questi anni (l’ambiente, la non-violenza, il rispetto delle minoranze).

La sfiducia provocata dalla rappresentazione falsata delle strategie ESG («Mistrust about greenwashing») rappresenta il motivo più rilevante (24%) per scoraggiare gli investitori europei che si avvicinano all’investimento ESG. Anche le preoccupazioni per una penalizzazione nel rendimento degli investimenti ESG («Performance concerns») rappresentano un motivo rilevante (17%) di rifiuto.

CAUSE DI RIFIUTO DELL’INVESTIMENTO ESG

Fonte: EUROSIF European SRI Study 2018

Al termine green washing – che inizialmente si riferiva alle strategie di comunicazione utilizzate per abbellire più o meno sinceramente la propria immagine di azienda rispettosa dell’ambiente – si è ormai affiancato il termine social washing, che descrive l’utilizzo di strategie di comunicazione per migliorare artificiosamente la propria immagine di azienda rispettosa dei valori ESG.

La selezione etica degli investimenti privilegia le grandi società?

SÌ. Le aziende di maggiori dimensioni possono dedicare ingenti risorse a strategie di comunicazione che enfatizzano gli aspetti virtuosi della propria attività, togliendo dalla luce dei riflettori gli aspetti meno raccomandabili. Le società più grandi tenderanno quindi a ricevere valutazioni ESG più favorevoli, rispetto ad aziende minori che non riescono a dotarsi di strategie di comunicazione altrettanto incisive.

Ma alla fine la diffusione del rating ESG è servita a qualcosa?

SÌ. Ma come? Alcune riflessioni non sembrano incoraggianti:

  • I mercati finanziari valutano un’azienda in base ai suoi profitti, non per il comportamento virtuoso nei confronti dei fornitori o dei clienti.
  • La qualità ESG di un’azienda è valutata diversamente da parte di analisti diversi.
  • Le aziende più grandi possono influenzare l’analisi ESG della loro attività con efficaci – e costose – strategie di comunicazione.
  • Gli interessi economici alla base delle scelte delle aziende sono troppo forti per consentire di modificare radicalmente il loro comportamento in base a criteri sociali o ambientali (v. il caso Danone citato nel precedente articolo).

Ma qualcosa si sta muovendo:

  • L’aumento del numero di investitori che evitano l’investimento in aziende non allineate a principi etici deprime il valore dell’azione con un basso rating ESG e quindi riduce il valore dell’investimento degli azionisti di controllo e delle azioni di proprietà dei dirigenti dell’azienda.
  • I problemi di immagine che sorgono quando emerge un comportamento censurabile di un’azienda possono danneggiare l’attrattiva del prodotto o del servizio agli occhi dei clienti dell’azienda (ad es. Nike, Nestlé, Facebook, Exxon). L’azienda deve considerare il pericolo che le vendite si riducano per il danno alla propria immagine.
  • La regolamentazione in diversi campi dell’attività economica (tutela dell’ambiente, diritti delle minoranze, rapporti con gli azionisti) è cresciuta a dismisura negli ultimi vent’anni. Questo ha reso sempre più costoso essere condannati per le violazioni di queste norme. Una recentissima sentenza olandese (27 maggio 2021) ha ingiunto alla multinazionale petrolifera Shell di adeguare le proprie politiche ambientali (https://www.fortuneita.com/2021/05/27/la-storica-sentenza-olandese-sulle-emissioni-co2-di-shell/) a seguito di un esposto presentato da gruppi ambientalisti europei.

Insomma, l’attenzione crescente dedicata al comportamento etico delle aziende ha generato incentivi economici e modifiche normative per il rispetto dei criteri ESG: questo è sicuramente più efficace dei richiami generici a un comportamento più virtuoso fatti da autorità politiche o religiose.

Ci sono differenze tra investimento etico in ambito azionario e in ambito obbligazionario?

Le azioni sono emesse da società a scopo di lucro, i criteri di selezione etica sono quindi quelli che si applicano alle società in termini di settore di appartenenza (prodotto) e pratiche adottate (criteri ESG).

Le obbligazioni possono essere emesse da società o da Stati (titoli di Stato).Per le obbligazioni emesse da società valgono le stesse considerazioni formulate per le azioni.

Invece la valutazione etica dei titoli di Stato può essere basata solamente su una valutazione delle pratiche e delle politiche adottate dagli Stati emittenti. La maggior parte delle case di investimento non opera una selezione etica dei titoli di Stato, escludendo solamente quelli dei paesi colpiti da sanzioni internazionali (come Venezuela, Corea del Nord, Iran), con effetti pratici molto limitati.

Tra le case di investimento che operano una selezione etica sui titoli di Stato, i criteri di maggiore utilizzo (in aggiunta a quelli sulle sanzioni internazionali) sono la presenza della pena di morte, l’incidenza della corruzione, l’ampiezza delle disuguaglianze sociali.

Ricordiamoci che la sola applicazione del criterio della pena di morte, presente tra gli altri in Stati Uniti e Giappone, esclude oltre la metà dei titoli di Stato presenti sul mercato, limitando in maniera significativa le possibilità di diversificazione dell’investimento.

COME È NATO
L’INVESTIMENTO ETICO?

La preoccupazione di svolgere un’attività economica nel rispetto di valori etici era già presente tra gli antichi ebrei che invitavano a trattare con equità i lavoratori o tra i musulmani che proibivano il finanziamento di attività considerate immorali. John Wesley, fondatore della Chiesa Metodista, sosteneva nel Settecento la necessità di sottoporre l’attività economica a princìpi etici e di solidarietà.

Ma la preoccupazione di allineare in modo più preciso la destinazione dei propri investimenti con i valori morali in cui si crede nasce all’inizio del Novecento. Promotori delle prime iniziative sono spesso gruppi religiosi.  Nel 1928 su ispirazione della Chiesa Metodista, nasce negli USA il Pioneer Fund che esclude dai propri investimenti le aziende coinvolte nella produzione di alcoolici, e nel gioco di azzardo. Negli anni Sessanta e Settanta sempre in USA si diffondono movimenti che promuovono il disinvestimento da società che sostengono con i loro beni e servizi la guerra in Vietnam, o l’apartheid in Sudafrica. Nel 1971 negli USA viene realizzato il primo intervento di azionariato attivo (l’attività di «engagement» descritta nelle pagine precedenti), con una mozione (promossa dalla Chiesa Episcopale americana) presentata nella assemblea degli azionisti di General Motors (a quei tempi una delle più grandi società al mondo) contro la presenza della società in Sudafrica. Nello stesso anno nasce l’ICCR (In­terfaith Center on Corporate Responsibility), promosso da un gruppo di investitori «religiosi» che si sono impegnati negli anni a coordinare iniziative per il rispetto di valori etici fondamentali. Queste iniziative sono talvolta realizzate in collaborazione con il management delle società o con mozioni presentate alla assemblea degli azionisti. Oggi fanno parte dell’ICCR più di 300 investitori istituzionali a cui fanno riferimento circa 400 miliardi di dollari di patrimoni.

Negli anni Settanta-Ottanta nascono in Europa (Belgio, Svezia, Regno Unito, Francia) i primi veri e propri fondi etici, ovvero strumenti di investimento che evitano l’investimento in società impegnate in attività economiche non accettabili (es. armi, tabacco, apartheid). Nel 1997 nasce per iniziativa di Istituto Bancario Sanpaolo il primo fondo etico italiano.

Nel 2010 viene lanciata una ampia campagna di disinvestimento dalle società coinvolte nella produzione e distribuzione di combustibili fossili, che raccoglie un’ulteriore spinta nel 2015 dalla enciclica Laudato si’ e dal successivo coinvolgimento in questa iniziativa di una ampia quota di investitori legati alla Chiesa cattolica in Europa e negli Stati Uniti.

Lo sviluppo dell’analisi ESG

Fino a qualche anno fa il numero delle azioni valutate per la loro qualità ESG era relativamente ridotto a causa delle scarse risorse disponibili per l’analisi ESG, limitando la possibilità di diversificare adeguatamente il portafoglio azionario. Negli ultimi quindici anni numerose fusioni tra istituzioni internazionali di analisi ESG hanno ampliato significativamente la capacità di analisi e di rating dei titoli azionari internazionali. Gli investitori dispongono ora di un’ampia gamma di titoli azionari «investibili», consentendo la necessaria diversificazione anche per i portafogli limitati dalla applicazione di criteri ESG.

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