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L’investimento etico [#03]

TITOLI IN PORTAFOGLIO:
ETICI SI’, MA IN BASE A COSA?
Definire «etico» un investimento è un po’ come dire «biologico» in agricoltura: una definizione vaga e ampia che si presta a diverse interpretazioni. L’idea sembra buona, ma come si fa a controllare che dietro al «bollino» siano rispettati i criteri dichiarati?
È vero, scegliere l’«investimento etico» è un’ottima idea per sapere cosa vanno a finanziare i nostri risparmi. Però è diventato anche un argomento di moda, e i fornitori di servizi finanziari (banche, fondi comuni di investimento) attribuiscono l’etichetta ESG (o SRI, o «etico») a molti loro prodotti che non sempre riflettono davvero questa caratteristica. Per questo è importante comprendere bene le caratteristiche dell’investimento «etico» per evitare di farsi illudere da etichette non sincere.
I princìpi etici che orientano le scelte di investimento sono molto diversi da persona a persona: vi sono opinioni diverse sull’uso delle armi, sui combustibili fossili, sull’aborto, sulla sperimentazione farmaceutica, sui rapporti con i Paesi in via di sviluppo, e così via.
In teoria ogni risparmiatore potrebbe decidere individualmente in quali settori economici, o Paesi, o aziende non desidera investire e orientare i propri acquisti di azioni e obbligazioni secondo i propri princìpi morali. Due elementi impediscono questa scelta «su misura». Innanzitutto, la maggior parte dei risparmiatori non sceglie i propri investimenti selezionando i singoli titoli in cui investire, ma si affida opportunamente a gestori professionali attraverso mandati di gestione patrimoniale o, più spesso, con la sottoscrizione di fondi comuni di investimento. In secondo luogo, è impossibile personalizzare i criteri etici da applicare ai propri investimenti: le gestioni patrimoniali e i fondi comuni sono gestiti dalle banche secondo linee di gestione predefinite.
Per questo motivo il risparmiatore che desidera investire secondo criteri etici dovrà verificare le caratteristiche dei fondi comuni di investimento (o delle gestioni patrimoniali) che si fregiano dell’etichetta ESG e valutare:
- Quali criteri etici sono utilizzati per la selezione dei titoli in cui investire?
- Quali risorse di analisi utilizza la banca per procedere accuratamente a questa selezione e alla opportuna manutenzione nel tempo dell’universo dei titoli accettabili?
- Quanto è rigoroso il «filtro etico» nella selezione dei titoli accettabili?
I fondi ESG sono tutti uguali?
NO. Prima di tutto, sono diversi perché adottano criteri diversi per considerare accettabili gli investimenti dal punto di vista etico. È evidente che i criteri richiesti ad esempio da un investitore cattolico saranno diversi da quelli richiesti da un investitore musulmano, oppure da un investitore con radicate convinzioni pacifiste, oppure ancora da chi ritiene che la massima attenzione deve essere dedicata al problema climatico. In questi casi è facile determinare la natura del portafoglio proposto (ambientale, pacifista, rispettoso di determinati valori religiosi, ecc.), ma quando i criteri sono più generici non è facile capire quali princìpi etici hanno guidato la formazione del portafoglio e soprattutto come sono stati applicati.
Infatti il mercato propone modalità di investimento ESG molto diverse tra loro per intensità di selezione e per radicalità di scelta nell’applicazione dei filtri etici.
Come vengono selezionati i titoli accettabili secondo criteri etici?
Le diverse modalità sono descritte di seguito, con la loro definizione in inglese che è spesso adottata anche nella documentazione italiana:
- strategie di esclusione di società e/o settori controversi – exclusions;
- rispetto di norme e standard internazionali – norms-based screening;
- selezione dei migliori, valutati per la loro aderenza ai criteri ESG – best in class;
- investimenti tematici – sustainability themed;
- integrazione di fattori ESG nella selezione degli investimenti – ESG integration;
- interventi di dialogo con il management delle società esercitando i diritti degli azionisti – engagement;
- investimenti a impatto sociale (non solo economico) – impact investment.
Diverse modalità possono convivere nello stesso portafoglio etico. Nel grafico seguente, per esempio, sono riportate le modalità adottate dall’investimento etico in Europa nel 2017 e il tasso di crescita (CAGR) dal 2015 al 2017.
LE DIVERSE MODALITÀ DI INVESTIMENTIO ETICO IN EUROPA NEL 2017

Fonte: EUROSIF European SRI Study 2018
Exclusions – Rappresenta la più antica, la più diffusa (vedi il grafico precedente) e la più semplice delle modalità di investimento etico. L’universo investibile dei titoli accettabili da un punto di vista etico viene determinato attraverso l’esclusione di aziende, settori o Paesi che operano in attività economiche considerate inaccettabili. Tipicamente questa esclusione è applicata, in misure differenti, al settore delle armi, dell’energia nucleare, della pornografia, del tabacco, del gioco d’azzardo, della sperimentazione farmaceutica su animali, ecc.
Il grafico seguente mostra i settori economici oggetto di esclusione negli strumenti di investimento etico in Europa.
I SETTORI ECONOMICI ESCLUSI DAGLI INVESTIMENTI ETICI IN EUROPA – 2017

Fonte: EUROSIF European SRI Study 2018
Best in class – L’applicazione del criterio di esclusione tralascia però di esaminare le aziende che operano in altri settori, quelli non «cattivi», ma che adottano modalità operative non accettabili: ad esempio riguardo ai diritti dei lavoratori, al rispetto dell’ambiente, o alla tutela delle minoranze. Questa ulteriore verifica rappresenta l’obiettivo del criterio di selezione definito «best in class». In questo modo vengono considerati accettabili i titoli delle aziende che sono nel miglior xx% (es. 25%? 50%?) come punteggio risultante dall’analisi ESG del loro comportamento. In questo modo le aziende operanti in qualunque settore economico (anche nei settori non «cattivi») vengono selezionate non tanto per il loro prodotto, ma per la qualità etica delle loro modalità operative riguardo al rispetto di criteri etici fondamentali. Questa modalità di selezione dei titoli accettabili richiede una approfondita analisi delle aziende da parte della banca che costruisce il portafoglio. Per questo motivo sono sorte grandi aziende di ricerca economica che hanno dedicato a queste analisi ingenti risorse di analisti e di software, per fornire alle principali banche internazionali gli elementi necessari alla formazione di portafogli ESG.
Questa modalità di selezione dell’universo investibile è la più impegnativa, e la più evoluta, perché riconosce la necessità di verificare l’aderenza a princìpi etici non solo per il settore economico in cui opera l’azienda, ma anche per le modalità con cui l’azienda organizza la produzione, qualunque sia il bene o il servizio che fornisce. Questa modalità di selezione è spesso utilizzata contemporaneamente all’applicazione delle esclusioni di settori economici particolari.
Norms-based screening – Con questo criterio i titoli vengono selezionati per la loro aderenza a specifici set di norme emesse da organismi internazionali (ONU, ILO [Organizzazione Internazionale del Lavoro], OECD). Il grafico seguente mostra l’utilizzo di questi princìpi nel mercato europeo.
PRINCIPALI SET DI NORME EMESSE DA ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI UTILIZZATI IN EUROPA PER LA SELEZIONE DEI TITOLI ETICI

Fonte: EUROSIF European SRI Study 2018
Molto diffusa ad esempio è la verifica dell’aderenza ai princìpi indicati nello UN Global Compact, che abbiamo elencato nel primo articolo di questa serie.
I princìpi adottati sono molto generali e la selezione non risulta quindi particolarmente rigorosa. L’adesione formale delle aziende a questi princìpi generali non può dare la certezza all’investitore circa l’intensità della loro adesione effettiva.
Sustainability themed – In questo caso l’investimento è definito ESG perché si concentra in settori specifici, prevalentemente con un’attinenza a temi ambientali. In questa categoria i temi più popolari sono le energie rinnovabili, la difesa delle risorse idriche, l’agricoltura biologica, il cambiamento climatico, la gestione ecologica dei rifiuti, e così via.
Come si vede dal grafico, l’offerta di portafogli specializzati su specifici temi ambientali è particolarmente apprezzata nel nostro Paese.
VALORE DEI PORTAFOGLI SU TEMI AMBIENTALI IN EUROPA 2015-2017

Fonte: EUROSIF European SRI Study 2018

Le modalità descritte utilizzano, con metodi diversi, criteri etici per selezionare un «universo investibile» di titoli eticamente accettabili: quando un’azienda non rispetta i criteri descritti – ad es. per mancata adesione ai princìpi dell’ONU, produzione di beni o servizi inaccettabili, organizzazione dell’azienda non rispettosa di principi ESG –, il titolo di questa azienda non può essere incluso nel portafoglio ESG, anche se per l’azienda sono previsti risultati finanziari molto interessanti. In altri termini la valutazione ESG di un’azienda è preliminare alla valutazione della sua attrattiva finanziaria.
La selezione dei titoli secondo criteri etici utilizza anche altre modalità che non applicano preventivamente i criteri di selezione ESG. Eccole di seguito.
ESG integration – In questo caso la banca inserisce la valutazione della «qualità ESG» di un’azienda accanto alla (non prima della) valutazione della sua «qualità finanziaria» (utili attesi, posizione di mercato, solidità finanziaria, ecc.), ottenendo così una valutazione più completa del valore dell’azienda. L’applicazione dei criteri ESG in questo caso non serve ad escludere preventivamente alcune aziende dal portafoglio, ma integra la valutazione puramente finanziaria. Può quindi accadere che una azienda che – per il settore in cui opera oppure per gravi inadempienze nei diritti dei lavoratori o nel rispetto ambientale – ha una insoddisfacente aderenza ai princìpi ESG venga invece inclusa nel portafoglio perché questa grave carenza «etica» è più che compensata da una eccellente solidità finanziaria.
Questa modalità di applicazione dei criteri ESG ha avuto il maggiore tasso di crescita tra quelle considerate (vedi grafico “Le diverse modalità di investimento etico in Europa nel 2017” in questo articolo) anche perché lascia alla banca una elevata discrezionalità nella applicazione dei criteri ESG. È sufficiente affermare che i gestori utilizzano anche criteri ESG accanto a quelli finanziari nella valutazione delle opportunità di investimento per potersi fregiare dell’etichetta «ESG».
Questa modalità, inoltre, risponde solo parzialmente alle esigenze etiche degli investitori che desiderano che il loro risparmio non sostenga attività economiche non coerenti con i loro princìpi: l’aderenza dell’azienda ai princìpi ESG non è discriminante, rappresenta soltanto un ulteriore elemento di valutazione del valore dell’azienda stessa accanto ai criteri strettamente finanziari.
Ciò riflette peraltro quanto risulta da un’indagine della banca francese BNP Paribas relativa alle principali motivazioni per l’utilizzo della modalità ESG integration:
MOTIVAZIONI PER L’ADOZIONE DELLA MODALITA’ DI «ESG INTEGRATION» NEL MONDO

Al primo posto tra i motivi per l’utilizzo di questo metodo di selezione compare «Aumento dei rendimenti di lungo termine», seguito dal «Miglioramento dell’immagine e della reputazione» e dalla «Riduzione del rischio dell’investimento»: solo al terzultimo posto compare «Altruistic values».
Engagement – Gli azionisti ESG possono decidere di intervenire attivamente nella vita delle aziende esercitando i loro diritti nelle assemblee degli azionisti. In queste occasioni vengono espresse proposte e iniziative su argomenti sensibili (per ambiente, diritti umani, governance della società) che saranno sottoposte al voto degli azionisti.
Tra i temi che sono stati oggetto di questo impegno di engagement secondo criteri ESG, si possono citare la regolamentazione dell’attività di lobby delle aziende, le misure di rispetto ambientale e dei diritti umani, i livelli di remunerazione della alta dirigenza.
I fondi che adottano questa politica tipicamente non escludono in maniera meccanica i titoli delle società su cui rilevano delle criticità, ma ne scelgono alcuni da tenere in portafoglio per poter esercitare, come azionisti, una pressione a favore del miglioramento delle pratiche adottate dalla società.
Impact investing – L’investitore indirizza i propri investimenti in aziende che non sono guidate solo dalla logica del profitto, pur nell’ambito del rispetto dei princìpi ESG, ma che hanno come obiettivo la soluzione di problemi di bisogno, povertà, diseguaglianza. In questo senso si parla di investimenti che per la loro stessa natura si propongono un «impatto sociale» diretto e misurabile su queste situazioni. Le iniziative di «impact investing» si sono sviluppate ad esempio nel campo dell’edilizia residenziale per persone bisognose, delle attività economiche che utilizzano lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate (ad es. disabili, ex carcerati), di attività produttive che combattono i problemi ambientali. Questi progetti non possono comunque prescindere totalmente da princìpi di sostenibilità economica che garantiscano la loro continuazione nel tempo. La necessaria coesistenza di princìpi economici e sociali rende particolarmente sfidante questa tipologia di investimento e ne condiziona lo sviluppo quantitativo. L’impact investing è nato da iniziative cattoliche e nel 2017 veniva stimato per un valore di circa 1 miliardo di dollari.
A questo punto sorge una domanda che tutti gli investitori si pongono: se investo in un portafoglio ESG, devo accontentarmi di un rendimento più basso? Ne parliamo nel prossimo articolo.

Laureato alla Università Bocconi e alla University of Chicago, assiste gruppi industriali, gruppi familiari, fondazioni bancarie, enti non profit per la gestione del loro patrimonio mobiliare.