L’abbraccio che sfonda

La Crocifissione di Masaccio è una di quelle opere che considero ‘mie’ quasi da sempre; l’ho trovata spesso su libri, volantini, cartoline, locandine, siti internet. Ricordo bene la postura dei personaggi, la loro espressione, i colori.

La conosco da decenni. O meglio: credevo di conoscerla.


Vederla dal vivo deve essere totalmente un’altra cosa. Perciò l’evento in programma per il primo venerdì di Quaresima va colto come un’occasione da non perdere!

La locandina dell’evento

Tempo di bellezza

Nel bel salone gremito del Museo Diocesano, don Enrico apre l’incontro ricordando che si tratta di un’opportunità che ci è offerta per vivere un tempo di bellezza.

Siamo pronti e colmi di interesse!

Della precisa e accattivante introduzione alla visione del dipinto da parte di Nadia Righi, direttrice del museo, riferirò solo pochi particolari. È una di quelle cose che difficilmente si possono ben riassumere senza rovinarle o anche solo ridurle. In poco meno di un’ora densissima, riesce a rendere vivi l’autore e l’opera davanti a un pubblico molto numeroso e attento.

La Basilica di S. Eustorgio e, a sinistra, il Museo Diocesano

Lacrime fuori programma

La presentazione comprende un’esclusiva solo per noi: si tratta di alcuni scatti effettuati durante il backstage della mostra e non documentati nei pannelli.

Di questi momenti emozionanti, colpisce una fotografia che ritrae la direttrice nel momento in cui la Crocifissione è appena stata tolta dall’imballaggio. E quell’immagine eloquente ci mostra proprio lei, Nadia Righi, che osserva il quadro, in lacrime.

Lei stessa è sorpresa della sua reazione perché, ci racconta, non è la prima volta che si trova di fronte all’originale di quel dipinto.

Ma un quadro non basta vederlo una o più volte; è da contemplare, e la contemplazione è tutte le volte una novità. Quello per lei era evidentemente un momento di commozione nuova.

È qui che inizio a desiderare davvero di sostare anch’io davanti al dipinto in silenzio.


La folla che si reca poco dopo dalla sala convegni alla mostra sembra quasi un piccolo pellegrinaggio.

Prima siamo invitati ad assistere a una breve ricostruzione virtuale della pala che, nella sua parte culminante, conteneva la Crocifissione.

Ricostruzione virtuale delle pala. Gli scomparti neri rappresentano i molti elementi andati perduti

Poi entriamo silenziosi a piccoli gruppi nella saletta accanto, riservata al quadro. E finalmente, eccolo: me lo aspettavo enorme, invece è un piccolo gioiello.

Masaccio, Crocifissione.
Di seguito: particolari della Madonna e di san Giovanni

Da vicino si possono osservare bene tutti i dettagli che Nadia ci aveva fatto notare, la brillantezza dell’oro, l’accuratezza delle aureole cesellate, il significativo ‘albero della vita’ posto in capo alla Croce, l’espressività drammatica dei volti e delle mani della Madonna e di san Giovanni.

Con un altro occhio

Come tutti, sosto brevemente davanti al dipinto imprimendomi in mente e gustando tutti questi dettagli.

Esco un paio di minuti dopo, dentro di me un po’ riluttante, ma noto che fortunatamente sia l’entrata che l’uscita della stanzetta sono posizioni da cui si può ammirare uno scorcio dell’opera. Allora decido che il mio lavoro non è terminato e, appena fuori, mi porto nuovamente a lato dell’entrata continuando ad osservare da lontano, mentre altri visitatori sfilano lentamente. 

È così che pian piano inizio a vedere con un altro occhio. Non con un occhio da intenditrice, ma col mio sguardo personale. Quello che mi sgorga nel pensiero potrà anche non essere perfettamente ortodosso dal punto di vista artistico ma, aiutato anche dalle parole di chi ci ha appena presentato l’opera, è il mio modo di guardare.

L’intrusa passione

E mi fermo su di lei, la Maddalena ai piedi della Croce, che anche nelle spiegazioni della direttrice è stata protagonista.

Mi colpisce il fatto che con l’insieme del dipinto sembra c’entrare davvero poco. Non che la Maddalena non c’entrasse con Gesù, la Madonna e san Giovanni. Ma Nadia Righi ci ha fatto scoprire che nella progettazione iniziale di questo dipinto non era proprio prevista; infatti è stata introdotta successivamente, modificando la tavola che ancora porta evidenti le tracce che lo testimoniano.

Quindi è in qualche modo una ‘intrusa‘.

In quel dipinto… lacera, rompe, sfonda. Colpisce l’occhio, lo cattura quasi più di Gesù là sulla croce. Infatti c’è lei in primo piano, con il suo vestito sgargiante di un rosso accesissimo, fulminante. Quasi sfrontato, così fuori luogo in una scena tragica.

Che sia forse il segno di una passione?

E poi quelle mani stese in una disperazione; o in un abbraccio.

Immagino che possa essere stata aggiunta in un secondo momento proprio per rompere l’equilibrio che sembrava esserci: la Croce nel mezzo con Gesù, due figure in piedi ai lati, disperate nel loro pianto, ma pur sempre composte.

Invece c’è lei: del tutto scomposta. Penetrante. Dirompente. Anche se dà le spalle agli spettatori, anche se non ne vedi il volto, te la immagini disperata in quel grido disumano e insieme umano. Misteriosa. Scapigliata.

Lei dice qualcosa di più, lei sfonda il muro. Taglia la piattezza del quadro.

Urla il dolore, più potente ancora perché muto.

Con quelle braccia che si protendono e, pur di spalle, sembrano abbracciare tutto dentro e fuori la scena. Noi compresi.

Diventano nostre quelle braccia aperte, asimmetriche e disperate che vogliono contenere tutto Gesù sulla Croce e associarsi a Lui, assomigliarGli.

Che ce lo indicano: è Lui.

Che sembra si aprano per gridargli anche il nostro grido: «Accoglimi. Accogli anche me nel tuo Regno!».

Buona Settimana Santa e buona Santa Pasqua a tutti!

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