La luce leggera

La vivace esposizione del prof. Fulvio Irace sull’arte di Gio Ponti mi incanta fin dall’inizio.

L’evento del 9 ottobre scorso – il secondo, dalla nascita del «Filo», organizzato per celebrare la ricorrenza annuale del nostro S. Patrono – è dedicato all’architetto della nostra chiesa parrocchiale e, a giudicare dal numeroso pubblico, desta interesse.

Sono così concentrata nell’ascolto che dimentico quasi del tutto di prendere i consueti appunti. Quello che segue, perciò, è un racconto di impressioni suscitate in me da questo incontro, di scoperte rielaborate personalmente e di immagini scattate per osservare queste scoperte.
Un racconto ‘leggero’ – mi piace definirlo così perché a tema con l’artista.


Gio Ponti, architetto di monumentali edifici, designer di elementi di arredo come di piccoli oggetti, scrittore di libri e sceneggiature, è un personaggio geniale e versatile. Tutto per lui è arte e l’arte non si ferma mai, non conosce giorno né notte, né festività. Fa perdere il senso del tempo, ha dentro un’urgenza che deve essere espressa. Per lui non è semplicemente un lavoro, è la vita.

Leggerezza tesa

La ricerca della ‘leggerezza’ è ciò che di lui mi colpisce di più. Un concetto, come fa notare il relatore, che per noi ha una accezione per lo più negativa, se pensiamo ad espressioni come «prendere le cose alla leggera» o parliamo di «una persona un po’ leggera…».

In Gio Ponti invece la leggerezza diventa un obiettivo positivo, quasi un biglietto da visita.

Ricercarla significa togliere pesi, trovare nuove forme e soluzioni per alleggerire, e la sua architettura porta una sensazione di levità e libertà.

Il prof. Irace ci guida alla scoperta di San Luca gradatamente, a piccoli passi, attraverso numerose altre immagini che mostrano i dettagli dello stile molto particolare di Gio Ponti.
Negli anni della sua piena maturità questo stile contribuirà a dare forma e vita alla nostra chiesa.

Così comprendiamo il senso delle colonne progettate ‘al contrario’, larghe in alto e più assottigliate verso la base, che sta proprio in questa leggerezza. Non blocchi uniformi tutti d’un pezzo, ma pilastri sagomati e dinamici.

Parrocchia di S. Luca Ev.: particolari dell’interno

Nell’osservarle si nota che la medesima struttura viene esattamente ripresa nei banchi. Disegnati dallo stesso Gio Ponti, essi conservano una particolare eleganza che nemmeno le ‘torture’ di due anni di intense sanificazioni sono riuscite a scalfire.

Difficile da ritrovare nella mia memoria qualcosa di simile: tutti gli esemplari che ricordo, da quelli scuri e massicci della mia parrocchia di paese fino alle squadratissime panche di certe cappelle moderne, al confronto sembrano avere un che di rigido e pesante.

Come poi mi farà notare Teresa, i banchi sembrano addirittura protesi, proiettati verso l’altare. Ed è anche questo un particolare singolare e significativo: leggerezza e tensione.

Le arcate che sostengono le volte del soffitto, poi, presentano lo stesso dinamismo dei pilastri restringendosi nella parte centrale più alta.

Questo gioco di volumi e spessori viene ripetuto dovunque. Osservare la facciata della chiesa dall’interno ne è una conferma: la struttura ‘a ventaglio’ delle pareti e la sagomatura delle colonne creano movimento.

Il tutto in una grande semplicità di forme e – sottolinea ancora il prof. Irace – rifuggendo la monotonia.

La facciata anteriore ‘a ventaglio’

Mi nasce allora questo paragone: in Gio Ponti varietà, dinamismo, poliedricità, insieme con la consueta semplicità, contribuiscono alla leggerezza e alla bellezza.
Così la Chiesa, nella quale tutti possono costruire e contribuire armonicamente e dove le difformità e diversità presenti nelle persone, e soprattutto la semplicità, sono una incredibile ricchezza.

Light: d’improvviso, la luce

Sposto lo sguardo verso l’alto ad ammirare il soffitto, a spiovente proprio come quello di una casa.

La luce filtra da una lunga serie di vetrate chiare che dalla navata non si vedono. O meglio, si intuiscono senza vederle: al mattino, nelle giornate soleggiate, tanti riquadri di luce si riflettono in alto sull’abside.

Mentre annoto queste impressioni mi sorprendo a ricordare che «leggero» e «luce» in inglese si traducono entrambi con il termine «light».

Coincidenza curiosa ed interessante; anche nel linguaggio di Gio Ponti questi termini sono connessi. 
L’intarsio dei vetri produce ulteriori giochi di luce. Non solo. Le vetrate inseriscono come una zona ariosa tra la trave orizzontale e il tetto, la luce che filtra fa da cuscinetto: effetto che – ancora una volta – porta leggerezza.


Nelle mie scarne righe di appunti leggo l’accenno alla cura dell’architetto per i dettagli.
Per progettare una chiesa era solito studiarla da tutte le prospettive per capire cosa si vedesse da ogni punto di essa; mentre gli edifici venivano concepiti tenendo conto, ad esempio, dell’impatto visivo che avrebbero avuto sull’osservatore non solo durante il giorno, ma persino di notte con le finestre illuminate.

E, per tornare al particolare dei nostri banchi, come se non gli bastasse curare lo stile, Gio Ponti si identifica anche con chi ne farà uso donandoci dei banchi non solo belli ma anche comodi!

Come un abbraccio

Un artista così incredibilmente realista ha progettato San Luca esattamente con la forma di una casa, la nostra Casa.

Le navate laterali così strette danno un grande respiro perché lasciano a quella centrale il più ampio spazio possibile, mentre ogni campata riprende – appena accennato – il motivo del tetto a spiovente, semplicissimo come fosse disegnato da un bambino.

Tutto intorno alle pareti, ancora una volta, ritroviamo la linearità delle fasce bicromatiche orizzontali. Una decorazione più semplice forse era difficile immaginarla.

Le fasce scorrono per l’intero perimetro e l’immagine che mi torna ad un tratto è che ci avvolgono proprio come un abbraccio.

Buchi per gli angeli

L’ultimo affondo del prof. Irace è sulla facciata esterna.
Mentre la descrive penso ad un gioiello: le piastrelle esagonali a forma di diamante scelte appositamente perché la luce del sole possa riflettersi meglio; quei ‘ricami’ a croce in contrasto con le piastrelle e in uno stile molto sobrio; la tettoia protesa sull’ingresso, quasi fosse una protezione.

La scultura in alto sulla facciata, non chiusa in una nicchia ma proiettata in fuori, verso la gente, sembra davvero un anticipo del tema della chiesa ad gentes.

Parrocchia di S. Luca Ev.: particolari della facciata

Al termine della relazione il pubblico pone al prof. Irace alcune domande. Soprattutto colpisce l’intervento entusiasta e colmo di stima di un ex collaboratore di Gio Ponti che, con alcuni aneddoti, ne testimonia commosso la generosità e racconta la coesione del team di persone che lavoravano con lui.

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L’incontro si era chiuso poco prima sull’immagine di un’altra chiesa: la straordinaria Concattedrale di Taranto, così aerea, spogliata di spazi con la sua ‘vela’ piena di buchi che la rendono leggera come la vela di una nave. Quasi come se Gio Ponti – osservava il professore – «da quei buchi si aspettasse realmente di veder passare gli angeli».

Concattedrale Grande Madre di Dio, Taranto

Dopo questa breve e non casuale digressione, torno subito col pensiero a San Luca e a noi.

Che sia lieve così anche tutta la vita.

Sfaccettata e difforme, tanto che spesso ci ferisce; spogliata da pesi inutili; tesa verso l’alto come le colonne slanciate della nostra chiesa; e con tutti – tutti – i nostri dolenti ‘buchi’, da cui però irrompe la luce.


In ultimo: grazie a tutti coloro che hanno contribuito a preparare l’evento e al pubblico che ha partecipato con molta attenzione e con le proprie domande.

2 Commenti

  1. Grazie Francesca!
    Mi permetto di dire che qs tua presentazione è più bella di quella del professore. Suggerisco alla redazione di proporre al parroco di stampare articolo e foto ed esporli nelle bacheche e anche in un doppio A5 a disposizione in fondo alla chiesa (una cosa analoga l’ho trovata nella chiesa dei SS Giovanni e Giacomo in viaMeda dove l’abside è opera di Rupnik, e l’ho trovato utile e interessante).

  2. Per fortuna che erano ‘solo’ “scarne righe di appunti”
    Brava Franci!
    Sono orgogliosa di essere in questa Casa con te!

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