L’investimento «etico» [#01]

COSA VUOLE DIRE

INVESTIMENTO ETICO

Investimento etico vuole dire «fare beneficenza»?

NO. Negli anni Novanta, ad esempio, erano nati strumenti di investimento che proponevano all’investitore di rinunciare a una parte del rendimento, che la banca avrebbe poi devoluto a iniziative benefiche scelte dalla banca stessa. Questo schema non ha nulla a che fare con l’investimento «etico», e si presta peraltro a un’obiezione piuttosto ovvia: perché dev’essere la mia banca, e non io, a decidere a chi, e in quale misura, destinare un aiuto economico?

Investimento etico vuole dire investire in società che «fanno cose buone»?

NO. Negli anni passati le banche proponevano opportunità di investimento limitate a settori economici considerati in qualche modo «virtuosi», «positivi» dal punto di vista etico. Ad esempio, erano considerati «etici» gli investimenti in società che operavano nel settore della medicina e della salute, dell’assistenza agli anziani o dell’istruzione. Questo approccio è evidentemente fuorviante: significa affermare che fabbricare automobili, computer, vestiti, oppure fornire assicurazioni, costruire ferrovie e produrre energia elettrica non sono attività «etiche» e quindi degne di sostegno finanziario da parte degli investitori.

Cercando su Google «investimento etico» o «finanza sostenibile» si ottengono oltre 12 milioni di risultati, fra cui abbondano le offerte da parte di operatori del settore. Esiste una definizione condivisa e condivisibile di questi termini?

Una definizione condivisa di «investimento etico» o di «finanza sostenibile» non esiste. Prima di tutto perché non esiste una definizione condivisa di cosa sia «etico», e poi perché non c’è un’idea condivisa di come utilizzare i princìpi etici per selezionare gli investimenti accettabili.

Anche Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate riconosce la confusione che ancora prevale nella definizione di «investimento etico»: al n. 45 osserva che «si nota un certo abuso dell’aggettivo ‘etico’ che, adoperato in modo generico, si presta a designare contenuti anche molto diversi, al punto da far passare sotto la sua copertura decisioni e scelte contrarie alla giustizia e al vero bene dell’uomo».

Possiamo però dire che investire con criteri «etici» significa «privilegiare nelle scelte d’investimento, quei titoli, azionari e di debito, emessi da soggetti pubblici e privati che nelle loro attività economiche promuovono comportamenti rivolti a preservare l’ambiente, nel rispetto dei diritti umani, sociali e del lavoro, e che applicano sistemi di gestione condivisi e per il buon governo» (dal documento della CEI La Chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici, di responsabilità sociale, ambientale e di governance, novembre 2020).

Questa definizione a sua volta si presta a molte declinazioni differenti. Diverse sono infatti le opinioni sulle priorità in campo ambientale (denuclearizzare? abbandonare i combustibili fossili?), oppure sui diritti degni di tutela nella vita sociale ed economica (pensiamo all’aborto, ai temi bioetici, al problema immigrazione), nonché sul significato da dare al «buongoverno» delle aziende e dello Stato (tirando in ballo questioni come i diritti delle minoranze, il sistema giudiziario, i diritti degli azionisti e quelli dei lavoratori).

Il minimo comune denominatore proposto dall’ONU

Nel 2000 l’ONU ha proposto 10 Princìpi (definiti Global Compact) che un’impresa deve rispettare per impostare eticamente la propria attività:

  • Diritti umani

Principio 1: le imprese dovrebbero sostenere e rispettare la protezione dei diritti umani proclamati a livello internazionale; e

Principio 2: assicurarsi di non essere complici di violazioni dei diritti umani.

  • Lavoro duro e faticoso

Principio 3: le imprese dovrebbero sostenere la libertà di associazione e l’effettivo riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva;

Principio 4: l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio;

Principio 5: l’effettiva abolizione del lavoro minorile; e

Principio 6: l’eliminazione della discriminazione in materia di occupazione e impiego.

  • Ambiente

Principio 7: le imprese dovrebbero sostenere un approccio precauzionale alle sfide ambientali;

Principio 8: intraprendere iniziative per promuovere una maggiore responsabilità ambientale; e

Principio 9: incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie rispettose dell’ambiente.  

  • Anticorruzione

Principio 10: le aziende dovrebbero lavorare contro la corruzione in tutte le sue forme, comprese l’estorsione e la concussione.

Sono princìpi molto generali, che possono essere applicati in modi diversi nell’operatività delle aziende. Servono però a definire su quali aspetti il mondo economico deve concentrare le proprie scelte «etiche».

Che cosa significano le sigle ESG e SRI?

A questo punto risulta abbastanza facile comprendere il significato di due acronimi universalmente utilizzati per definire l’investimento secondo princìpi etici, ESG e SRI.

ESG è l’acronimo di Environment, Social, Governance. Questi tre termini individuano i tre àmbiti principali che definiscono l’operatività di un’azienda con riferimento a princìpi etici:

E come Environment:
la difesa dell’ambiente, la conservazione delle risorse naturali, la biodiversità;

S come Social:
la tutela dei lavoratori, il trattamento equo dei fornitori, il rispetto del cliente, l’integrazione con il territorio in cui opera, il rispetto delle minoranze etniche, religiose, il lavoro minorile;

G come Governance:
i diritti degli azionisti di minoranza, la remunerazione dei consigli di amministrazione, i processi di decisione del management, la rappresentatività dei consigli di amministrazione.

SRI è invece l’acronimo di Socially Responsible Investment. Definisce cioè l’investimento che adotta criteri di Responsabilità Sociale, privilegiando quindi le aziende che operano con attenzione ai problemi dell’ambiente, della società e dell’organizzazione aziendale.

ESG o SRI sono perciò sostanzialmente sinonimi: si tratta di etichette che definiscono genericamente i prodotti finanziari che includono criteri «etici» nelle loro scelte di investimento. Vedremo in seguito che queste etichette sono in realtà applicate a prodotti con livelli molto diversi di attenzione ai criteri etici.


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