Cosa abbiamo visto sul nostro cammino [# 8] In vino, caritas

Per fortuna stavolta non sono io l’autista; quindi posso fare ciò che non mi era riuscito l’anno scorso durante il nostro viaggio tra le colline marchigiane: fotografare il paesaggio.

Apro il finestrino alla mia sinistra e, con la macchina ancora in corsa sulle stradine inerpicate, provo qualche scatto: campi sterminati, girasoli, colori caldi, vaste distese di verde e di natura nel tramonto appena abbozzato.

Colline marchigiane

La nostra meta è una cena/incontro con Giovanni Marchetti, un amico marchigiano che da qualche anno fa il contadino all’estero. Volete sapere dove? Scommetto che non ve lo immaginate: in Etiopia.

Ci ospitano alcuni suoi amici proprietari di una azienda vinicola che hanno organizzato tutto; durante la cena avremo la possibilità di salutare Giovanni – tornato da Adwa per alcune settimane –, di sentire qualche suo racconto e di lasciare un contributo per la missione in cui lavora.

Mi attendo di tutto ma non di appassionarmi ad una casa vinicola! E sì che la Franciacorta è casa mia…

Arriviamo puntualissime. Giovanni ci ha invitato per le sette di sera, ma deve aver un tantino esagerato: la cena infatti è prevista alle otto e mezza. Per passare il tempo iniziamo a guardarci un po’ attorno.

All’ingresso etichette colorate, bottiglie dalle forme eleganti e dalle trasparenze allettanti e misteriose ci accolgono, mentre sono in corso gli ultimi preparativi. I tavoli della cena infatti sono stati allestiti proprio lì, in mezzo a botti enormi di legno e ad altre più moderne di metallo, tutte corredate del loro cartellino con il nome del vino che contengono.
Basta questo per far sussultare la mia sensibilità artistica; la bellezza è la prima cosa che mi colpisce e l’obiettivo della mia fotocamera inizia a scatenarsi.

Ma, sotto sotto, intuisco che questa bellezza nasconde altro.

Fuori intanto il paesaggio sta diventando veramente incantevole, sono passate da poco le sette e tra le colline si fa avanti il tramonto.

La proprietaria, Anastasia, visto il nostro interesse e il tanto tempo a nostra disposizione, si offre per una visita alle sue cantine.

Insieme a lei scendiamo lentamente gli scalini interni e ci troviamo proprio nel cuore dell’azienda. 

Tra fiaschi, bottiglioni di vetro e piccole ed enormi botti ci racconta la storia dell’impresa di famiglia con oltre sessant’anni di attività, la passione per il vino tramandatale dal padre e che, dopo di lei, ha contagiato anche uno dei suoi figli.
Mi colpiscono la scioltezza e la competenza con cui parla del suo lavoro e come descrive il suo vino con affetto; e poi l’orgoglio per il figlio che ha scelto di seguirla in questa sfida.

La cantina sembra proprio un luogo d’altri tempi e nel contempo moderno. Dove il nuovo si inserisce nell’antico con discrezione, poco per volta; dove l’impeto giovanile e la dedizione di decenni si rinnovano ed entusiasmano a vicenda.

Il respiro dell’argilla

Per esempio, l’argilla è una delle ultime scoperte. Proprio quelle bellissime anfore che sto per fotografare racchiudono il segreto di un nuovo tipo di vino. L’argilla infatti è un materiale che, a differenza dell’alluminio di cui sono fatte le altre botti, permette al vino di ‘respirare’. Il prodotto fermenta più naturalmente senza bisogno di particolari cure.
Essendo una produzione recente, al momento della nostra visita questo vino non ha ancora un nome né un’etichetta, neppure un prezzo. Ma ne dovremo provare assolutamente una bottiglia… come si fa a resistere?

Ormai sta calando il buio sulla campagna. Tutti gli invitati sono arrivati – forse una settantina di persone – e la cena ha inizio.

Ci accomodiamo in una seconda bella saletta, anche questa piena di scaffali e bottiglie.

L’esperienza della primavera

Durante il pasto una nostra amica, ex insegnante elementare in pensione, aggiunge anche altri particolari ai racconti così interessanti sentiti prima.

Qualche anno fa le viene l’idea di far incontrare i suoi alunni con Anastasia, che tiene loro una vera e propria lezione sul vino. Dopo una bella presentazione, non potendo proporre la degustazione a dei bambini, sceglie di guidarli a imparare dall’osservazione: i bicchieri colmi, il colore, il profumo… e la classe resta letteralmente avvinta.

Magnifica bottiglia

Dal lavoro in classe su questo incontro nascono dei testi in cui i ragazzini descrivono l’esperienza vissuta. Gli elaborati vengono mandati ad Anastasia, la quale puntualmente risponde.
La bellezza è anche la capacità di trasmettere ad altri una grande passione.

Forse basta questo a interessare dei bambini, già per natura curiosi, rendendoli ancor più curiosi.
Il vino nasce da una passione e ne suscita altrettanta.

Si capisce che, insieme alla bellezza, la ‘passione’ è la grande parola che ho trovato su questo cammino. 

Ho trovato sapori deliziosi, fragranze, aromi profumati, confermati anche dalla cena che ci viene offerta, preparata con molta cura.
E, com’è ovvio, adeguatamente annaffiata dal bianco, dal rosso e dallo spumante.

Ma è la stessa passione di Giovanni – che incontriamo subito dopo cena – per il popolo etiope martoriato dalla guerra. Qualcosa che lo spinge a restare con loro, nonostante il pericolo e in condizioni difficili, a garantire con il lavoro agricolo il sostentamento di centinaia di persone che non avrebbero da mangiare.

La sua opera contribuisce a mantenere l’ospedale nel quale chissà quante donne in procinto di partorire in questi ultimi anni sono state letteralmente salvate insieme ai loro piccoli.

A Giovanni, che fin dall’inizio della guerra è rimasto isolato dal resto del mondo per la mancanza di connessioni internet, non manca nulla. Certo, è una condizione ardua, ma anche qui c’è la bellezza, come racconta anche al termine di una video-intervista: la cura delle cose, «l’educazione al bello, porta molti frutti»; infatti la missione è bellissima, accogliente, ricca di fiori e di colori, e «tutto l’anno vivi l’esperienza della primavera».


In fondo il ritrovo ed il vino erano un’ottima scusa per incontrare lui e sostenere il suo lavoro, scoprire la forza che lo muove. Le due passioni: per le persone e per il proprio lavoro. In una parola, per la vita intera.

Così stavolta abbiamo incontrato un lavoro che ne sostiene un altro.

In vino, caritas.

Un commento

  1. Grazie Francesca dei tuoi reportage così vivi ed emozionanti perchè vissuti con il cuore. Spero che i nostri occhi non si stanchino mai di cercare la bellezza … anche nei luoghi più nascosti… perchè la bellezza è ovunque, ma bisogna coglierla… anche dentro di noi!

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