Alle porte di Kiev

Seduto sul divano del salotto mio papà amava ascoltare musica classica mentre leggeva. A casa avevamo acquistato da poco un impianto stereo e lui possedeva una bella collezione di vinili.

Erano gli anni della cortina di ferro, dei dissidenti e del Samizdat.

Per me però c’erano anche pomeriggi inondati di musica, da Chopin a Bach, da Vivaldi a Beethoven, a Corelli; e ogni tanto anche qualche autore all’inizio un poco sconosciuto, ma pieno di fascino.

Musorgskij era uno di questi e la più famosa delle sue composizioni, Quadri di una esposizione, ha quindi per me un sapore molto familiare, il sapore di quei pomeriggi di studio spesso accompagnati da una colonna sonora. L’ultimo quadro di questa suite si intitola La grande porta di Kiev.

Mi piacciono le melodie solenni e imponenti e forse è per questo che la grande porta, anche attraverso la passione di mio papà, mi ha sempre attirato e la immaginavo attraverso questa musica. Ma l’ho riscoperta scorrendo l’articolo di don Stefano Caprio sul conflitto russo-ucraino (pubblicato dal Filo qui), che si apre proprio ricordando questa suite. È come un suggerimento che mi spinge a volerla riascoltare.

Dopo varie ricerche in Internet reperisco proprio la stessa registrazione che possedeva mio papà, un’edizione degli anni Sessanta diretta da von Karajan, riconosciuta subito, per la particolare copertina dell’album, come fosse la fotografia di un volto noto.

Ascolto ripetutamente quella musica impressionante mentre scrivo queste righe,​ per scoprire cosa mi dice di nuovo​. Anzi, si può dire che ​immagini e pensieri affiorino proprio da ogni sua nota.​ ​

Potete ascoltarla anche voi mentre continuate a leggere e immaginare la grande porta.

Per un amico

Nell’idea dell’autore russo, che la compone nel 1874, è una duplice celebrazione: della patria, la Russia (che allora comprendeva l’Ucraina e quindi Kiev), e dell’amico Viktor Hartmann, pittore e architetto morto l’anno precedente a soli trentanove anni. Ognuno dei dieci brani della suite porta il titolo di un’opera di Hartmann. L’ultimo è dedicato al disegno ad acquarello di una monumentale porta di Kiev progettata da Hartmann stesso. Un progetto ritenuto da tutti eccezionale, ma mai realizzato.

V. Hartmann, La grande porta di Kiev, acquarello

La musica coinvolge da subito. È ampia come quelle terre, distesa come sono distese e deserte le pianure e le steppe dell’est, di cui si sente la grandezza, il vento, il fiume maestoso e ampio e il passaggio calmo della sua corrente, l’aria gelida, il cielo sovrastante carico del profumo della neve.

La gigantesca porta ti fa accedere a uno spazio nuovo. Ti par di vedere il passo lento e cadenzato di chi la attraversa, senti le percussioni che lo accompagnano come in una marcia reale (era il periodo degli zar), immagini lo stupore per la sua immensità e per l’apertura a un mondo da scoprire.

Poi di colpo tutto sembra fermarsi: la maestosità viene interrotta, poi ripresa e quindi nuovamente interrotta, lasciando il posto a melodie sommesse di preghiere che riproducono le sonorità della liturgia ortodossa, a cui Musorgskij si è ispirato. Un crescendo di passaggi sempre più intensamente drammatici e grevi, che però gradualmente e dolcemente mutano e si sciolgono in un’atmosfera serena.

Nella ripresa si inseriscono le campane e ritorna il tema principale della suite, la promenade, la camminata percorsa tra l’uno e l’altro dei Quadri di una esposizione. E ancora, brillanti campane a martello, in un ultimo grande scroscio.  

In chiusura, una breve attesa e un crescendo carico di tensione prima dello scoppio finale e del definitivo trionfo.

Lo stesso desiderio

Che cosa celebra questa musica che ci porta tanta grandezza e tanta nostalgia?

Dove sta la vera grandezza di una nazione, di un popolo, dell’uomo? Nel mistero del suo essere​ creato.

Nel trionfo conclusivo sembra che venga espressa tutta la grandezza di un uomo che non si arrende mai alla guerra tra i popoli, o alla guerra nel suo cuore; un crescendo magnifico, un finale glorioso. Perché la vita dell’uomo è destinata a un fine di gloria.

Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato

Salmo 8, 5-6

Riascoltare questo brano musicale proprio oggi, dopo centocinquant’anni e in un diverso scenario politico, è impressionante.

Perché l’uomo è capace di cose tanto grandi e tanto belle come l’immagine di questa porta e questa imponente melodia, e di cose tanto terribili come la distruzione​ di luoghi e di vite umane?​

Eppure, insieme alla tragedia che ​ora ​si sta compiendo, tutta questa bellezza esiste.

Una delle tre porte d’oro di Kiev costruite tra il 1017 e il 1024

Siamo animati dal desiderio che questa porta – la vera grande porta di Kiev – dia ancora accesso alla bellezza, che sia una porta verso la vita. Che ci faccia schiudere gli occhi ​per la meraviglia e vibrare di umanità, che sia ponte verso l’unità dei popoli.

Musorgskij, che attraverso questa musica cercò di placare la propria sofferenza per la morte dell’amico Viktor, ci è compagno in questo desiderio. Lo sostiene con l’evocazione delle preghiere e della liturgia, e così sembra cantare con la sua musica che la porta di Kiev​, con l’aiuto di Dio, ​​potrà ancora spalancarsi​ ​ davanti a un mondo di bellezza e di pace.  

2 Commenti

    • Le emozioni per me sono come dei ‘blocchi di partenza’ da cui ti lanci nell’osservazione e nell’ascolto. Da qui sorgono mille domande a cui cerchi una risposta.

Lascia un Commento